“Videogames. Elogio del tempo sprecato presenta una contraddizione di fondo. Da un lato sembra esprimere fastidio e dissenso nei confronti della cultura tradizionale, della glorificazione del libro e del cinema come strumenti di ricatto da parte della “classe dei colti”. […] D’altra parte i motivi per i quali i videogame vengono esaltati appaiono gli stessi per i quali la cultura tradizionale apprezza i libri e il cinema: la qualità della scrittura, l’ambientazione, le storie e così via. Lo stesso Ascione confessa di essersi occupato di videogiochi proprio perché li ritiene una zona franca, non contaminata dalla cultura cinematografica attuale. Che ci sia una punta di snobismo in tutto questo?”
Al termine del libro con molta autoironia tipicamente napoletana, l’autore Ciro Ascione fa scrivere ad un fittizio recensore questa critica e stroncatura del suo saggio. Pubblicato da Minimum fax sul finire del secondo millennio (ottobre 1999) lo stampo ironico contraddistingue tutta la scrittura di questo viaggio nel mondo dei videogiochi. Un’ironia colta, mai fine a se stessa. Un testo che già quasi venti anni fa rivendicava al videogioco il ruolo di medium completo e autonomo. Nel suo saggio cerca di smontare le stesse accuse che nel passato sono state rivolte ad altre forme comunicative che invece oggi appaiono intoccabili. Ascione (classe 1968) è un massmediologo e storico del cinema, infatti i riferimenti e i confronti con il mondo della settima arte sono una presenza costante all’interno del testo. Dopo una premessa in cui invita i lettori a chiedersi se valga la pena spendere quindicimila lire per un libro sui videogiochi quando con meno soldi ci si potrebbe comprare un CD pirata (ricordate che siamo nel 1999), altrettanto ironicamente propone due inizi in una sorta di lettura ipertestuale: uno colto e uno nostalgico. Entrambi propongono una diversa visione della nascita del videogioco. Nei capitoli successivi si lancia in una disamina dei vari generi: platform e beat’em up, simulazioni, strategici, avventure, shoot’em up in soggettiva (oggi utilizzeremo il termine FPS). In un capitolo l’autore chiarisce il ruolo dell’intelligenza artificiale ed i limiti e la ripetitività dei mondi virtuali, rei di essere spesso una “metalettura di una sceneggiatura già scritta”. Questo dilemma ad oggi non è stato ancora risolto, anche se sforzi notevoli sono stati fatti in questa direzione con gli open world di recente sviluppo. In un altro capitolo intitolato Elogio della pirateria informatica Ascione indaga su un fenomeno assai diffuso negli anni ’90 schierandosi apertamente con il videogiocatore hacker (chi di voi non ha mai acquistato software pirata alzi la mano!). Nello stesso capitolo cita molte volte il libro di J.C. Herz Il popolo del joystick, ed esamina il valore catartico della violenza nei videogiochi, tema più che mai attuale alla luce delle ultime folli dichiarazioni di Trump. Secondo Ascione è “meglio massacrare uno stuolo di orchi composti di poligoni o di pixel che rivalersi sui propri colleghi di lavoro […]. Alla fine ci sentiamo molto meglio, più rilassati, più allegri. Gli orchi sono lì proprio per essere fatti a pezzi. E’ il loro mestiere.”
Seppur datato e anacronistico e con una copertina tra le più brutte mai viste, il libro di Ascione è un brillante esempio di come scrivere un saggio divulgativo, mai troppo citazionistico, ricco di esempi che chiariscono in maniera pratica gli argomenti trattati. Per chi ha vissuto gli anni ’80 e ’90 troverà pane per i suoi denti: Populous,Tomb Raider, Unreal, Alone in the dark, Monkey Island, Grim Fandango, The 7th guest, Half life, Ultima online sono solo alcuni dei titoli citati da Ascione. Per tutti gli altri sarà un tuffo in un passato glorioso dove il medium, seppur ancora giovane, era già riuscito a gettare le basi di ciò che oggi stiamo vivendo in campo videoludico.
Avevo già adocchiato questo libro sullo scaffale dell’Amazzone ed ero alquanto indeciso sull’acquisto per via del titolo (ironico o meno?) e della data di pubblicazione. Senza parlare della copertina che concordo sia candidata a una delle più brutte in assoluto (ma si può decidere di acquistare un libro dalla sola immagine di copertina? 😂😂😂)
Hai incrinato il mio scetticismo e potrei decidere di leggerlo anche se si tratterebbe di una conferma delle mie idee che vado cianciando nella mia webbettola.
Se può interessarti sulle critiche di violenza nei videogiochi ho scritto una serie di post (mi pare dodici), un excursus della storia dei continui tentativi di censura parallela all’analisi dei “gun massacre” (non esiste solo Columbine ahimè) negli USA.
Sul tema della pochezza della “sceneggiatura”, ho considerato la critica più specifica di “manipolazione emotiva” che si muove alle storie più complesse di videogiochi (come The Last of Us) e ho argomentato il mio parere opposto considerando uno dei legami con più alto impatto emotivo: il legame padre-figlio.
Sono benvenuti libri divulgativi come questo che hai recensito. Il problema è che chi critica non accetta il confronto è la parola “videogioco” in un titolo genera lo stesso fuggi-fuggi di una carica di celerini su un corteo di una manifestazione.
I temi sono complessi e parecchio radicati in pregiudizi fermi quasi alle origini del videogioco, mentre quest’ultimo è parecchio evoluto.
Pensa alle recenti esternazioni di Calenda che li chiama ancora “giochi elettronici” e ammette che la sua “competenza” in materia è ferma a Pac-Man.
Non ti lascio link per evitare di essere spacciato per spamner.
Se ti interessano, batti un colpo.
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E’ proprio per questo che blog come il tuo hanno senso di esistere e cercano divulgare il più possibile la cultura dei videogiochi. Per rimanere in campo politico, ma di tutt’altro stampo e vedute, Ascione cita Roberto Maragliano, che ai tempi di Berlinguer era presidente per la riforma delle scuole. Così scriveva: “il videogioco è la più grande rivoluzione epistemologica di questo secolo. Ti dà una scioltezza, una densità, una percezione delle situazioni che puoi fare al loro interno, che permette di esaltare dimensioni dell’intelligenza e dello stare al mondo finora sacrificate dalla cultura astratta”. Batterò molti colpi nella tua webbettola.
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