APE OUT

LO SPECISMO SPIEGATO AI GAMERS

Le rivoluzioni degli anni Sessanta contro il razzismo, il sessismo e le discriminazioni di classe hanno sfiorato appena il mondo animale. Questo mi ha inquietato. L’etica e la politica, a quei tempi, avevano di fatto dimenticato gli esseri non umani. Tutti sembravano preoccuparsi di ridurre i pregiudizi nei confronti degli uomini, possibile che non avessero mai sentito parlare di Darwin? Ovviamente anch’io detestavo il razzismo, il sessismo e le discriminazioni di classe, ma perché fermarsi qui? In quanto professionista nell’ambito della salute, ero persuaso che centinaia di altre specie animali soffrissero la paura, il dolore e l’angoscia, proprio come me. Era necessario preoccuparsene. In particolare si rendeva necessario stabilire un parallelo tra la nostra sorte e quella delle altre specie. Un giorno, nel 1970, mentre facevo un bagno nel vecchio castello di Sunningwell, vicino a Oxford, all’improvviso mi balenò in mente una parola: «specismo»! (Richard Ryder)

Bene è proprio qui che comincia Ape Out. E’ sì un videogioco ed anche violento, ma ribalta la prospettiva. Ci mette nei panni di un gorilla rinchiuso in una gabbia probabilmente per fini scientifici (visto che dalle sbarre si può intravedere un uomo di spalle intento a trafficare con un monitor) e che viene comunque controllato a vista da uomini armati. L’angoscia, la paura e la rabbia sono ormai insopportabili dopo aver assistito alle atrocità perpetrate ai danni dei suoi vicini di gabbia. L’unica cosa che resta da fare è ribellarsi. Accanirsi su quegli esseri che si credono superiori e che nascondendosi dietro il nome della scienza e del progresso si credono liberi di poter rinchiudere, torturare, abusare delle specie diverse dalla loro. Tutta la rabbia repressa ed accumulata in questo stato di cattività sarà liberata in un solo momento. Da qui in avanti l’unico obiettivo del gorilla sarà uscire fuori e lo farà con le proprie mani capaci di ritrovare una forza primordiale ed ancestrale che gli è sempre appartenuta.

Ape Out è il lavoro di tre persone che come dei musicisti jazz, hanno dato libero sfogo alla loro maestria incidendo un’opera libera, fresca, fuori dagli schemi, un’improvvisazione nata dall’incontro di Gabe Cuzzillo al game design, Matt Boch al suono, Bennett Foddy alla direzione artistica. Quest’ultima è molto raffinata e curata. Nulla è lasciato al caso. Con una visuale dall’alto usa colori piatti e freddi sporcati da un filtro in stile vecchia pellicola. La palette dei gialli, arancioni, celesti e i font usati si ispirano alle copertine di vecchi vinili jazz della Blue note.

Anche la struttura del gioco è concepita come un vinile. I titoli dei brani corrispondono ai livelli e il titolo e la copertina dell’album all’ambientazione del capitolo. Un totale di quattro album, ognuno con quattro brani sul lato A e quattro sul lato B (tranne l’ultimo che ne ha tre sul lato A). Quando finisce il disco si alza la puntina, si sente il rumore del vinile che rientra nella copertina e si passa al prossimo per un totale di quindici livelli. Una volta terminato il gioco principale si sblocca un ultimo livello, la modalità Harder e la modalità Arcade. Ma il riferimento al mondo dei dischi non finisce qui. La cosa più sbalorditiva è la colonna sonora dinamica. Si ha la sensazione che un batterista jazz stia suonando dietro di noi e, vedendo quello che accade sullo schermo, ne sottolinea i momenti amplificando o diminuendo le dinamiche in relazione al nostro comportamento. Colpi sui piatti di solito indicano un’uccisione, rullante e charleston accompagnano la fase esplorativa, i tom si inseriscono con gli spari o la cattura dei carcerieri, quando invece saremo circondati e in mezzo ad una mischia allora sarà il momento di un assolo fragoroso. Tutta la violenza primordiale del nostro antenato viene amplificata in maniera estremamente riuscita e pertinente dall’uso delle percussioni che sono il solo strumento presente in questo gioco. Migliaia di loop campionati vengono assemblati e ricomposti in tempo reale per un’esperienza assolutamente nuova e coinvolgente. Inoltre il solo brano jazz alla fine del gioco vale i soldi del biglietto.

Potremo far muovere il nostro gorilla con lo stick sinistro, mentre con il destro puntare la direzione. Il tasto ZR dà una spinta mentre ZL afferra. Fine della storia. La nostra sopravvivenza sarà relegata ad un mix di violenza e scaltrezza. Non sempre la tattica migliore sarà scagliarsi contro i nostri aguzzini. A volte conviene nascondersi ed evitarli, oppure farsi scudo con il corpo del povero malcapitato o con parte di esso (braccia gambe e busti). Ogni volta che catturiamo un umano armato questo sparerà un colpo nella direzione da noi presa, aiutandoci così a liberarci di altri suoi simili. Oppure lo si potrà lanciare contro altri umani lasciando un bel pò di sangue e membra a terra. Purtroppo anche noi potremo essere feriti. Un primo colpo ci farà perdere un pò di sangue (di uno strano colore giallastro a sottolineare la differenza con la specie umana), il secondo una scia ben più evidente mentre il terzo sarà fatale. La scritta DEAD comparirà insieme alla mappa del livello e fin dove abbiamo intrapreso il nostro arzigogolato percorso verso la via d’uscita (come un topolino rinchiuso in un labirinto, vittima anche lui dello specismo). I livelli sono generati proceduralmente, quindi ogni partita sarà diversa dall’altra garantendo una giocabilità pressoché infinita. Tuttavia mantengono una struttura di base comune e riconoscibile, mentre gli elementi interni come i muri, i container, le vetrate e la posizione degli aguzzini vengono randomizzati ad ogni nuova partita. Ad aumentare notevolmente la variabilità del titolo ci pensa la diversa tipologia di armi di cui sono dotati i nostri carcerieri e che richiedono un approccio sempre diverso. Si va dal semplice fucile, a un ben più pericoloso mitragliatore, dal lanciafiamme alle bombe a mano, dal bazooka ai cecchini. La curva di difficoltà è ben calibrata, rendendo le ultime fasi davvero impegnative in quanto ambientate in scenari ben più aperti dei primi labirintici livelli dove la possibilità di nascondersi e ripararsi era fondamentale per la nostra sopravvivenza.

Revolver Digital ci ha ormai abituati a scovare nuovi talenti indie che propongono una qualità, originalità, cura del dettaglio e direzione artistica che non fa rimpiangere affatto le produzioni AAA. In Ape Out c’è quella magia che solo un videogioco in quanto medium interattivo e multisensoriale riesce ad esprimere. La fisicità del nostro gorilla viene resa in maniera estremamente credibile nelle nostre mani, la potenza delle percussioni ne amplifica nelle nostre orecchie la componente ancestrale e primordiale, i nostri occhi saranno illuminati dalla violenza che per una volta non viene perpetrata sulla sua specie, ma in un ribaltamento ruolistico saremo noi umani a subirne le conseguenze.

Adatto a: animalisti amanti del jazzNon adatto a: specismo? cos’è?

VOTO: 9

Giocato e finito in 5 ore su Switch – disponibile per Microsoft Windows · Nintendo Switch

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