MEMENTO MORI
Di Gianni Mancini 09/05/2019
Ricordati che devi morire, questo dicevano gli antichi romani per ricordarci che siamo esseri terreni destinati a perire. A bordo dell’ Obra Dinn, vascello costruito a Londra nel 1796 e disperso in mare nel 1803, di persone ne muoiono ben sessanta e non arriverà mai a destinazione nel viaggio verso oriente. Lucas Pope, l’autore del gioco, ha impiegato quattro anni e mezzo per portare a termine la sua fatica, ma ne è valsa la pena.
Impersoniamo l’ispettore capo assicurazioni e risarcimenti dell’ufficio di Londra che dovrà redigere un rapporto per la Compagnia delle Indie Orientali. Un marinaio ci accompagna con una piccola barca a remi a bordo della Obra Dinn nel porto di Falmouth e dice di aspettarci finché non avremo finito. Una volta saliti noteremo la desolazione assoluta e un unico cadavere. Con noi abbiamo portato una cassa contenente il materiale investigativo: un libro e un orologio da taschino con sopra impresso un teschio. Avremo le prime informazioni su ciò che dobbiamo fare proprio dal libro. Oltre alla mappa della rotta, la piantina della nave, la lista dei passeggeri, le illustrazioni della vita a bordo, il libro contiene dieci capitoli che però sono completamente vuoti. Saremo noi attraverso le nostre indagini a dover riempire le pagine dei vari capitoli determinando l’identità e la sorte di tutti i passeggeri. Per fare questo abbiamo a disposizione lo strano orologio da taschino chiamato memento mortem che ci permette di rivivere il momento appena prima del decesso. Una volta aperto l’orologio su un cadavere (o quel che ne resta) lo schermo si farà buio e sentiremo solo l’audio della scena.
Dialoghi, urla strazianti, colpi da sparo, lanci di arpioni, cannonate. Alla fine della parte audio ci ritroveremo letteralmente immersi nella scena del delitto che però è stata congelata nel tempo e nello spazio. In questo still frame tridimensionale potremo solamente osservare per un determinato periodo di tempo cosa è accaduto girando intorno alla scena. Premendo il tasto E faremo uno zoom sui protagonisti del delitto e premendo il tasto TAB si potrà aprire la pagina del libro relativa a quel soggetto. Qui dovremo inserire la sua identità, come è stato ucciso e da chi. E’ un viaggio a ritroso nel tempo che all’inizio ci lascerà sgomenti perché gli elementi deduttivi a nostra disposizione sono davvero pochi e la lista di nomi e di sorti davvero lunga. Il senso di spaesatezza potrebbe far desistere molti, ma questo non è un gioco semplice, è una sorta di simulazione investigativa, un gioco enigmistico molto raffinato. Lucas Pope ci è venuto incontro mettendo sopra al ritratto della vittima una classificazione di difficoltà, da uno a tre triangoli, e ci consiglia di partire dalle identità più facili, ovvero quelle da un triangolo. Il gioco ci dirà se avremo indovinato le sorti dei passeggeri solamente a gruppi di tre, questo per evitare la componente casuale.
Il gioco adotta la visuale in prima persona con una grafica monocromatica che richiama quella del Macintosh 128. La scelta grafica è volutamente grezza sia per motivi tecnici che funzionali al gioco. Un approccio più pulito avrebbe facilitato troppo la comprensione degli still frame investigativi rovinando parte della forza dell’esperienza ludica. Tutto il gioco si svolge in un ambiente molto limitato, a bordo dell’Obra Dinn. Il vascello è stato ricostruito virtualmente in maniera impeccabile e riesce a calarci nell’atmosfera claustrofobica, fredda, pericolosa che solo un marinaio dell’epoca poteva provare. Lo sciabordio dell’acqua, i legni scricchiolanti, il sartiame al vento e le voci multirazziali dei marinai presi da ogni continente rendono l’immersione molto realistica e coinvolgente.
Il gameplay atipico è la forza stessa del titolo di Lucas Pope, non c’è interazione con l’ambiente di gioco (a parte usare l’orologio e aprire le poche porte all’interno del vascello) come in una classica avventura punta e clicca. La scena è congelata e non possiamo fare altro che osservare attentamente ogni minimo dettaglio e rielaborare tutto mentalmente. Le meccaniche del gioco sono state spostate volutamente all’interno del nostro cervello. Il giocatore non viene guidato o indirizzato verso un percorso da seguire nella risoluzione delle sorti dell’equipaggio, ha libertà assoluta nei tempi e nei modi. Ci possono essere molti approcci diversi all’individuazione del nome e della causa del decesso dei presenti sull’Obra Dinn. Senza scendere troppo nei particolari per non rovinare l’esperienza, quello che conta, e che ogni provetto investigatore dovrebbe avere, è l’attenzione maniacale ai dettagli che siano questi vocali, visivi, anagrafici, comportamentali. E’ come sbrogliare una enorme matassa di fili (sessanta in questo caso) dando ad ognuno di loro un nome e una sorte. E’ un lavoro da Sherlock Holmes, l’archetipo narrativo per eccellenza del mistery creato nel 1887 da Conan Doyle. Il detective inglese ha spiccate doti intellettive e riesce a risolvere i casi in maniera quasi enigmistica. Non si sporca le mani, a lui basta osservare per poi rielaborare mentalmente la scena. E’ in questo che Return of the Obra Dinn riesce perfettamente. Ci fa vestire i panni di un detective del 1807 e mette alla prova in maniera geniale le nostre capacità di ragionamento. Questo titolo va affrontato con il massimo rispetto, prendendosi tutto il tempo, con calma, magari nello studio pieno di libri con un camino acceso e una tazza di Earl Grey.
Adatto a: aspiranti detective amanti dei vascelli | Non adatto a: chi ama i giochi “interstiziali”, giusto per riempire il tempo |
VOTO: 8,7
Giocato e finito su PC per 20 ore – disponibile per Microsoft Windows