Si è appena conclusa la terza edizione di Risorgimarche. Per chi ancora non lo sapesse è un festival ideato da Neri Marcoré nell’estate del 2017 con lo scopo di portare la musica e la solidarietà nei luoghi colpiti dal terremoto del 2016 nel centro Italia. I cantanti si esibiscono sul prato, circondati dalla bellezza dei monti Sibillini, senza palco e senza luci, separati dal pubblico solo da un’esile cordicella. Lo scenario è reale e non mediato da maxi schermi. La natura con le sue rocce, i suoi alberi, i suoi prati, i grilli, le farfalle, il cielo, le nuvole e il sole sono gli elementi tangibili di questo maestoso palcoscenico. La musica è comunque il pretesto per esserci e non il fine. È il prendere parte ad un’esperienza comunitaria che muove il “popolo di Risorgimarche”, come lo ha definito il direttore artistico Giambattista Tofoni. È riscoprire la bellezza della condivisione, della solidarietà, dei sorrisi, dell’umanità.
Per arrivare ai luoghi dei concerti si deve faticare. Si devono percorrere a piedi dai quattro agli otto chilometri, sotto il sole, con dislivelli anche impegnativi. Si parcheggia a volte ancora più distanti dal varco dove dovrebbe iniziare l’escursione, aumentando così i chilometri da percorrere. Eppure la gente non si lamenta, non maledice gli organizzatori. Solo chi non vive personalmente questa esperienza si può permettere di fare delle sterili ed inutili critiche comodamente seduto in poltrona con l’aria condizionata ed il cellulare in mano. Lungo il percorso ci si scambiano sorrisi, ci si aiuta, si parla con perfetti sconosciuti che invece sembra di conoscere da sempre e ti raccontano la loro vita. È questa l’umanità che dovremmo ritrovare ogni giorno e non solo in queste splendide occasioni perché l’umanità ancora c’è, non è del tutto morta, ma si riscopre in questi posti dove il tempo è più lento, non c’è la fretta di voler arrivare, non si vuole prevaricare, c’è spazio per tutti. Le generazioni si mescolano, non c’è un target ben delineato a cui si rivolge il festival: si va dai pochi mesi di vita a ottanta e forse più anni. E questo è un aspetto da non sottovalutare. Risorgimarche è inclusivo, è aperto a tutti, ai giovani, ai disabili, agli anziani, ai bambini, ai disoccupati, agli operai, ai terremotati.
Con la mia famiglia abbiamo assistito ad oltre dieci concerti portando sempre con noi i nostri due figli di 5 e 3 anni. Dovremmo ringraziare migliaia di persone per i sorrisi e le battute, centinaia di persone che ci hanno aiutato a spingere i passeggini nei momenti più difficili, decine di persone che ci hanno offerto biscotti o frutta. Poi si arriva nel luogo del concerto, ci si siede per terra in mezzo a tanti ombrelloni colorati che sembrano far fiorire i prati ormai seccati dall’estate rovente. E si aspetta. Si mangia, si beve, si gioca, si dorme, si legge. Per un attimo ci si dimentica addirittura dei cellulari, usati solamente come macchina fotografica.
L’inizio del concerto è il momento aggregante per eccellenza. La musica è da sempre ritenuta il mezzo più efficace per favorire la comunicazione e l’integrazione fra le persone. In Risorgimarche tutto questo è amplificato dalla potenza della natura, si percepisce chiaramente di fare parte di qualcosa di più grande e di voler tornare all’essenziale. Ci fa sentire tutti dei piccoli Thoreau: «Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, affrontando solo i fatti essenziali della vita, per vedere se non fossi riuscito a imparare quanto essa aveva da insegnarmi e per non dover scoprire in punto di morte di non aver vissuto.»
Lunga vita a Risorgimarche!
P.S. Se si vuole approfondire in maniera inusuale la conoscenza del territorio dei monti Sibillini con le sue leggende e i suoi movimenti tellurici, consiglio atto di DIO, fumetto di Giacomo Nanni uscito esattamente un anno fa. Si tratta di un’opera raffinata, che attraverso tre improbabili voci narranti (un capriolo, una carabina e il terremoto) ci porterà attraverso un mondo oltre l’umano, mosso dalla spietata logica delle forze naturali.