COSA SI PUÒ FARE IN UN MINUTO?
Questa recensione dura un minuto. Così come il tempo che ha il papero protagonista di Minit per portare a termine le sue missioni. Dopo di che inesorabilmente morirà e si risveglierà nella sua casa avendo acquisito però le conoscenze e gli oggetti della vita precedente. È come se si ritrovasse in un loop temporale alla Ricomincio da capo, commedia del 1993 con un magnifico Bill Murray sull’ambiguità del tempo e sull’angoscia della ripetizione.
Stessi concetti che riprende Minit, la cui grandezza risiede proprio nella perfetta commistione tra gestione del tempo e sapiente world design. In soli sessanta secondi bisogna esplorare e compiere azioni, piccoli combattimenti, parlare con i vari NPC, risolvere puzzle. Poi si muore e si ricomincia da capo. Non ci sono mappe ad aiutare l’orientamento, e anche se all’inizio ci si trova smarriti, il fatto di ripercorrere ogni volta gli stessi luoghi per sessanta secondi fa sì che la memorizzazione di ogni singola schermata diventerà un processo quasi automatico.
Progredendo, oltre ad acquisire nuove abilità, collezionare monete e cuori, troveremo fortunatamente dei checkpoint sotto forma di abitazioni: che siano hotel, caravan o capanne, basta trovare un letto e dopo un minuto ci risveglieremo lì. Con una pixel art minimale in bianco e nero e una colonna sonora che strizza l’occhio alla musica 16 bit, Minit ha il suo punto di forza nell’originalità del game design. Non c’è quasi storytelling, anche se ci si potrebbe vedere una metafora del lavoro ripetitivo della fabbrica fordista, ma è scaduto il t… Questa recensione dura un minuto. Così come il tempo che ha il papero protagonista di Minit per portare a termine le sue missioni. […] Questa recensione dura un minuto. Così come il tempo che ha il papero protagonista di Minit per portare a termine le sue missioni.
Adatto a: chi dice di non avere mai tempo per giocare | Non adatto a: chi crede che in un minuto non si possano fare molte cose |
VOTO: 8,3
Giocato e finito su PC in un’ora – disponibile su Android · Microsoft Windows · iOS · macOS · Linux · Nintendo Switch · Xbox One · PlayStation 4
Siamo di fronte a un nuova forma di espressione: non è videogioco, non è un racconto, non è un film. Non è nessuna delle tre forme espressive ma ne estrae e miscela certe caratteristiche in un modo che siano una lontana eco dell’origine. Così chi le sperimenta spaesamento, contrasto ed euforia, secondo la disponibilità di “ascolto” con cui si è predisposto. Difficile un giudizio obiettivo. Fortunati comunque chi sa accogliere questa nuova esigenza di esprimersi e lasciarsi trasportare – in questo caso, per un solo minuto – da una folata anomala di novità.
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Quindi lo hai giocato? Credo di sì se ne parli in modo così preciso e vedo che sei una di quelle persone predisposte all’ascolto. Ma d’altronde non avevo dubbi, leggendo la tua “webbettola” si comprende molto bene la passione, competenza e rispetto che nutri nei confronti del videogioco
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No, non l’ho giocato, ma data la vecchiaia e la lunga militanza, mi è stato sufficiente leggere della tua sincera e “vissuta” esperienza per poterne cogliere il quid video-ludens.
Ormai ho maturato una certa “sensibilità” e mi definisco un “sommelier” del videogioco, poiché – dato il poco tempo disponibile – spesso mi dedico per brevi sessioni. Ebbene ho scoperto che riesco a coglierne le “proprietà”, così come fa un sommelier che assaggia il vino e non si scola una bottiglia prima di comprenderne le caratteristiche.
Comunque lo giocherò, mi incuriosiscono dannatamente questi “laboratori di interazione”. Brevi ma intensi sono ormai i giochi che amo di più. Ogni tanto una “full immersion” per tutto il tempo che ci vuole me la concedo: God of War e RE7 i più recenti, sto aspettando The Last of Us II per la prossima.
Nonostante la risposta negativa, posso darti la certezza granitica sulla passione e rispetto che nutro per i videogiochi.
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